Buon giovedì, cari svelatori di specchi e ben tornati nel mio blog.
Nell'ultimo periodo sto leggendo molti libri e graphic novel in anteprima e questo mi rende molto felice. Quest'oggi è il turno di una nuova uscita edita dalla Tunué, casa editrice che io ammiro molto, e ringrazio fin da ora Federica per avermi coinvolta nel progetto insieme alle altre blogger.
La graphic novel in questione è
Titolo: Qui c'è tutto il mondo
Autore: Cristiana Alicata, Filippo Paris
Data di pubblicazione: 24 settembre 2020
Casa editrice: Tunué
Collana: Ariel
Genere: Graphic novel, Formazione
Pagine: 199
Prezzo: 17.50€
Quarta di copertina: Durante l'inverno del 1984, il più freddo degli ultimi cento anni, la mamma di Anita comincia a fare cose bizzarre: si mette le scarpe spaiate, balla da sola per strada e cambia umore da un minuto all'altro.
Nel frattempo Anita prova ad adattarsi al piccolo paese di provincia dove la famiglia si è appena trasferita dal sud dell'Italia e si ritrova a combattere le stranezze della mamma con due alleate diversissime tra loro: Tina, un maschiaccio come lei con cui Anita gioca a pallone e fa la pipì in piedi ed Elena che la rifornisce di acqua di Lourdes. Finché un giorno non decidono di scappare dall'incomprensibile mondo degli adulti.
La storia di un'amicizia e di emozioni che non hanno ancora un nome.
Voto:
Devo essere sincera, non so bene da dove cominciare a fare la recensione di questa graphic novel, perché sto ancora metabolizzando un po' ciò che ho letto.
Intanto vi posso dire che mi è piaciuta molto e che aspetto un seguito, perché il finale, a mio parere, lascia un po' di cose in sospeso.
Il racconto è dolcissimo, dal punto di vista di Anita, che vive la propria vita di bambina strappata dal sud e trapiantata al nord, in un paesino del bergamasco, e cerca di far fronte ai primi piccoli grandi problemi di ogni bambino, anche se qui se ne aggiunge qualcuno che coinvolge tutti ed è ben più importante.
La storia è ambientata tra il 1984, quando c'è stato il più rigido inverno registrato nel '900, e il 1985: la mamma di Anita inizia ad avere dei comportamenti molto strani, a cambiare umore e a prendersela anche con lei perché vede negli altri uno dei mostri dell'Enciclopedia della Fiaba della figlia.
Anita si preoccupa e inizia ad aprirsi con due amichette, Tina ed Elena, che cercano di confortarla e darle qualche soluzione alternativa per risolvere i problemi.
All'interno della graphic novel vengono affrontati temi diversi, quali l'amicizia profonda che può esserci tra bambini, il non sentirsi del tutto accettati per ciò che si è, la depressione e i vari problemi psicologici che possono colpire chiunque e in qualunque momento della vita.
Anita non si sente femmina, il che è perfettamente normale a quell'età, quando si cerca di capire cosa piace realmente e quale sia la strada che si vuole intraprendere da grandi (quando Tina le chiede cosa vuole fare da grande, lei risponde con "Voglio essere come il mio papà, perché lui è più bello della mamma", per esempio).
Questo al giorno d'oggi viene spesso confuso con la ricerca della propria identità di genere, anche se non è così, ma è semplicemente un passaggio nella vita di ognuno di noi. Non fraintendetemi, non voglio sminuire chi davvero non si sente a proprio agio nel proprio corpo, ma semplicemente lavorando coi bambini capisco perfettamente questo momento di passaggio che caratterizza la pre-adolescenza.
Anita e Tina vogliono fare le cose da maschio, giocano a calcio, fanno la pipì in piedi e la prima vorrebbe fare la chierichetta.
Su quest'ultimo punto mi sento di fare un appunto, perché è una cosa che mi tocca da vicino e che conosco molto bene: trovo alquanto sbagliato che nel libro si faccia riferimento esclusivamente al maschile, chierichetto in questo caso, perché già negli anni '80 anche in Lombardia esistevano le chierichette, ovvero le bambine che servono Messa (in altre parti d'Italia erano presenti addirittura dagli anni '50). Capisco la ritrosia del sacerdote, ma non è sufficiente usare il termine maschile per sostenere questa tesi. Mi rendo conto che l'espressione usata nel libro sia voluta, ma l'ho comunque trovata una nota stonata.
Ho apprezzato tantissimo che ci siano degli accenni alla fede e a Lourdes (riprendendone anche la storia), è molto raro trovare queste cose in graphic novel e libri che non c'entrano con la Chiesa e/o che non si basano su questo, ma da persona praticante ne sono rimasta colpita positivamente. È un piccolissimo accenno, eh, ma aiuta a rendere la storia molto più vivida e reale, affondando le radici davvero nella storia dell'Italia in un momento storico in cui la religione era ancora un tassello importante per la società e il singolo.
Mi rendo conto, comunque, che questo accenno alla fede sia fatto in modo critico e che voglia dimostrare che qualsiasi cosa si faccia per sistemare le cose, non funziona. Qui ci sarebbe un lunghissimo discorso sull'utilità di preghiere e simili, sui miracoli, ma andremmo completamente fuori tema, quindi mi fermo qui (ma se volete, possiamo confrontarci nei commenti).
Un altro tema trattato è quello della malattia della madre, visto con gli occhi di Anita, quindi ridimensionato allo sguardo della bambina, che non capisce fino in fondo cosa sta realmente accadendo.
L'argomento è spiegato con estremi tatto e sensibilità, importanti per non offendere o fraintendere ciò che provano quotidianamente le persone colpite dalla depressione.
Il tutto viene reso più reale dai disegni splendidi che compongono la graphic novel e fanno capire al lettore cosa veda la madre di Anita e percepisca così il malessere della donna, comprendendone alcune azioni del tutto slegate dalla normalità.
Anita, ovviamente, capisce ancora poco ciò che accade alla madre e, insieme al ricordo del nonno lontano e della sua vita al sud, sente il bisogno di scappare e allontanarsi da tutto.
Inizia così a prendere vita il piano delle tre amiche, ognuna con la motivazione di scappare da qualcosa: Anita dalla madre e dalla vita al nord, Tina dai genitori (prevalentemente dal padre) e dalla vita di campagna che odia ed Elena dal controllo costante della nonna che, a causa di un piccolo problema al cuore della bambina, non la fa vivere a pieno.
Pur essendo una storia breve, i personaggi sono ben caratterizzati e se ne comprendono stili e modi di fare. Il mio preferito è il padre di Anita, quello che cerca di tirare su i figli non badando a pettegolezzi e dicerie di paese, facendo il proprio lavoro e portando a casa ciò che serve per il sostentamento della famiglia.
La graphic novel, come già detto, ha dei disegni splendidi che rendono tutto più reale e realistico, sono accurati, dal tratto semplice e i colori scelti hanno quella patina un po' vintage che regala al tutto un che di nostalgico.
Ho dato 4 specchi al libro anche e soprattutto perché è davvero breve e si ha la sensazione che manchi qualcosa, che non venga detto tutto, come se fosse soltanto una bozza di qualcosa di molto più ampio.
Questo aiuta il lettore a immergersi nel racconto, ma lo lascia un po' interdetto quando tutto finisce, perché è come se ci fosse un finale aperto, una premessa per una continuazione.
Riassumendo, quindi, la graphic novel mi è piaciuta molto, tocca varie corde dell'intimo della persona e cerca di affrontare tematiche importanti senza scadere nel banale o sminuendole; spero vivamente che ci sia un seguito, perché alcune domande devono avere risposta. Assolutamente.
Ve la consiglio vivamente se siete alla ricerca di qualcosa da leggere che vi riporti un po' indietro nel tempo, a quando non c'erano social e telefonini.
Spero di avervi incuriositi almeno un po' con questa recensione, ringrazio ancora la CE e Federica per avermi coinvolta in questo blog tour, vi lascio il banner con gli altri blog che in questi giorni ne parleranno e recensiranno la graphic novel anche toccando altri punti che io ho tralasciato.
Nel caso in cui vogliate commentare o dirmi la vostra, lo spazio commenti qui sotto è come sempre a vostra completa disposizione.
Non mi resta che augurarvi buone letture e buon proseguimento di settimana,
Annette.
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